Sembra ieri, eppure è passato più di un anno dall’8 novembre 2021, il primo giorno in cui ho messo piede in Sala Rossa, da consigliera comunale. Non ho mai celato l’emozione, l’onore, la responsabilità di essere eletta per ricoprire questo ruolo a servizio della mia città.
È stato tutto nuovo per me che non ho mai fatto politica amministrativa, sebbene sia stata accanto alle istituzioni, assumendo anche ruoli di rappresentanza rilevanti.
Non potevo che svolgere questo servizio in una lista civica come Torino Domani. Solo qui avrei trovato coerenza con la mia storia di impegno nel sociale: più di trent’anni nelle periferie e poi con rete Caritas locale, nazionale e internazionale realizzando progetti per combattere la povertà e le diseguaglianze.
Perché hai deciso di impegnarti in politica?
Per un misto di curiosità e passione. Se non avessi incontrato Torino Domani e i suoi aderenti competenti, perspicaci, appassionati, visionari ma con i piedi ben radicati nelle comunità di appartenenza, non mi sarei sicuramente candidata. Credo che, se vogliamo una politica diversa, ciascuno debba portare il suo mattone. Pensiamo se ci fosse il servizio politico universale (come c’è il servizio civile per i giovani), se ciascuno facesse un’esperienza di amministrazione! Questo permetterebbe di avere più comprensione delle fatiche e delle competenze necessarie per amministrare una città.
Non mi sono messa in una situazione facile perché il consiglio comunale è chiamato ad affrontare i problemi più disparati, è in affanno a dare tutte le risposte che chiedono i cittadini, non ha gli strumenti per cambiare le regole (non può legiferare). Ma è una scuola straordinaria di comprensione della difficilissima realtà in cui si trovano ad operare e a scegliere le amministrazioni pubbliche.
Qual è il ruolo della vostra lista civica in città?
Abbiamo il compito di far maturare prospettive nuove, insieme ai partiti, di sviluppare fiducia nei confronti di chi fa politica, di far entrare nell’arena politica soggetti nuovi, di guidare confronti accesi e aperti su temi sfidanti, mai trattati, che stanno davvero a cuore ai cittadini. Tutti gli eletti di Torino Domani stanno imparando ad essere amministratori.
La politica è il mestiere più difficile del mondo, richiede consapevolezza, competenza, esperienza, riflessione, capacità di leadership e di reazione rapida rispetto ai cambiamenti. Sin dall’inizio della nostra “impresa politica” ci siamo posti il problema della formazione politica che deve avvenire attraverso un percorso che parta dal basso, ristabilendo un legame con il territorio, utilizzando i nuovi strumenti della comunicazione. Una classe dirigente robusta richiede una formazione altrettanto robusta.
Desideriamo inoltre che la politica non si ritiri dai territori, che si non si chiuda su stessa. In questo anno mi sono sentita quasi autistica, la vita del consiglio comunale si svolge in modo talmente intenso, rapido, con regole sconosciute ai più che sembra di essere in una bolla. Tutto questo impedisce di recepire le istanze che vengono dalla città, perché c’è il rischio di non trovare il tempo di ascoltarle: le commissioni consigliari iniziano il lunedì mattina alle 9 e finiscono il venerdì pomeriggio, via una inizia l’altra. Io che sono l’unica rappresentante di lista dovrei seguirle tutte. Il fatto che gli eletti non abbiano materialmente tempo per fare altro se non “vita di consiglio” genera disaffezione e delusione nei confronti di chi li ha eletti.
Per caso stai mettendo in discussione i partiti?
Assolutamente no, nulla può e deve sostituire il ruolo dei partiti, nel rapporto con le istituzioni democratiche. Il civismo è solo stimolo. Occorre che la società e la politica (nel senso di azione e di promozione del bene comune) possano riappropriarsi dello strumento che i partiti rappresentano. Ci servono sempre di più buoni partiti, servirà un percorso creativo di messa a punto di strumenti politici perché ci sia un’idea di sinistra sempre più incisiva, popolare, generativa. Di fronte all’indebolimento dei partiti politici e alla sfiducia che gli elettori hanno nei loro confronti, credo che il futuro della democrazia sia molto legato alla rivalutazione della professione politica, allo sviluppo di nuove forme di partecipazione civica, al coinvolgimento degli elettori nell’approfondire i problemi. Noi di Torino Domani proviamo a lavorare su questi aspetti, sta in questo il nostro contributo specifico.
Tu sei l’unica rappresentante del Gruppo Consiliare Torino Domani. Cosa hai fatto in questo primo anno per “essere meno sola”?
La prima cosa che ho fatto è attivare una Officina Politica.
È molto difficile portare un contributo sostanzioso quando si è da soli in consiglio comunale (sono l’unica che non ha nessun altro eletto nella propria lista). La politica fatta da soli è una contraddizione in termini. La prima scelta che ho fatto è stata nominare esperti che possono partecipare con me (o in mia assenza) alle Commissioni Consiliari e che mi aiutano a redigere gli atti politici. Oltre a questi esperti ho coinvolto circa 40 membri di Torino Domani in un processo di elaborazione, discussione e scelta per definire i temi sui cui lavorare. Ogni tema lo pre-elaboriamo in Officina, ci confrontiamo con altri portatori di interesse, definiamo l’atto (la mozione o l’ordine del giorno), ne seguiamo l’iter attuativo in una sorta di monitoraggio civico fino alla sua implementazione. Ogni atto è un percorso di partecipazione e apprendimento collettivo: con questo percorso costruiamo il noi della politica di Torino Domani.
La seconda cosa è dare vita a On – Accendi la partecipazione.
Il tema del rinnovamento della partecipazione civica mi sta molto a cuore e per me passa dalle nuove generazioni. Per questo ho aggregato un gruppo di giovani per organizzare incontri in cui riflettere, approfondire, discutere, sviluppare pensiero critico sul tema del rapporto tra società civile e mondo della politica istituzionale. Le istituzioni pubbliche e le amministrazioni hanno bisogno di diventare più partecipate e aperte al contributo dell’intelligenza collettiva e dei cittadini informati e preparati. Abbiamo iniziato ad analizzare il tema della nuova domanda di partecipazione civica che stanno esprimendo i giovani e le nuove forme di partecipazione digitale: dialoghiamo con esperti, ci facciamo domande, elaboriamo punti di vista e proposte.
Quali temi stai portando in consiglio comunale?
Credo fermamente che per cambiare la politica occorra proporre nuove politiche. Sto lavorando per questo su proposte di lungo respiro, che riguardano la valorizzazione dei saperi delle comunità locali, il cibo, le comunità energetiche, l’accessibilità e l’abbattimento delle barriere architettoniche.
1. Valorizzazione luoghi iconici e politiche culturali innovative.
Ho chiesto di potenziare e dare risalto alla ricchezza dei luoghi e dell’offerta musicale della città, anche presso i visitatori stranieri.
Torino ha saputo offrire e proporsi nel panorama nazionale e internazionale quale Capitale giovanile e musicale che si è tradotta in una grande capacità di richiamo di giovani italiani ed europei che hanno scelto la città come meta di studi, divertimento e cultura.
A tale scopo hanno contribuito i festival di risonanza internazionale come Traffic e Club to Club, Kappa Future Festival, ma anche importanti esperienze dedicate al’underground come Jazz is Dead, Reset Festival, Premio di Fred Buscaglione e molti altri. Negli ultimi anni, per una somma di motivazioni, la città ha disinvestito in questa direzione, penalizzando eventi, aree, rendendo difficili l’uso di spazi e l’ottenimento di permessi: il risultato è che – se fino a ieri si parlava di Torino per la qualità delle sue energie artistiche, creative e per le grandi e piccole iniziative in abito giovanile – oggi, il dibattito pubblico è limitato alla dicotomia movida e mala-movida; mentre alcuni grandi festival sono scomparsi, e con loro tutta una serie di stimoli culturali, alcuni luoghi iconici e molto conosciuti come “Murazzi”, “Docks Dora” e “Valentino” non sono più nella condizione di accogliere le esigenze di socialità lontane dalle abitazioni dei residenti: tutto ciò mentre i live club e i luoghi della musica, dopo due anni di pandemia, rischiano di non sopravvivere.
2. Una politica del cibo per Torino
A differenza di tante città in Italia, Torino non ha una politica del cibo. È tempo che la città si doti di Politiche Sostenibili del Cibo che sviluppino strategie integrate e sistemiche che diano valore a tutte le sfaccettature che il tema comporta, mettendo in connessione nella città e nell’area metropolitana temi come il cambiamento climatico, la tutela dell’ambiente, la tutela dei cittadini, dei valori della produzione, della qualità, del lavoro.
Il tema delle politiche del cibo è strettamente legato al futuro delle città. Oggi la metà della popolazione mondiale vive nei grandi centri urbani e nel 2050 questo numero salirà a due terzi. Il cibo è uno snodo intorno al quale si muovono interessi fondamentali per i cittadini e si smuovono processi di partecipazione civica nelle comunità locali. Per questa ragione è importante che gli enti locali si attrezzino per affrontare le trasformazioni inerenti la produzione, distribuzione, scambio di cibo, bene essenziale per la vita individuale e collettiva. Il tema del cibo è una sfida per la creazione di politiche pubbliche innovative perché connette elementi apparentemente distanti, come il diritto al lavoro dignitoso e la pianificazione delle aree verdi in città, la salute, il commercio, l’agricoltura urbana, le imprese alimentari, il turismo, l’economia circolare, la formazione e la ricerca, gli appalti pubblici e le mense scolastiche con ricadute sul tessuto economico urbano, periurbano e rurale.
La nostra città ha un sistema alimentare tra i più interessanti d’Italia: cibi locali, cultura enogastronomica, aziende alimentari innovative che influenzano in modo rilevante anche il suo sistema sociale, economico, politico e culturale, i suoi rapporti con il resto del Paese e con i livelli internazionali, la cui manifestazione più importante è il Salone del Gusto – Terra Madre.
3. La città deve costruire una politica di accessibilità, non ha ancora il Piano di abbattimento delle Barriere Architettoniche (P.E.B.A)
Le associazioni impegnate nella tutela dei disabili fisici e sensoriali rilevano la mancata adozione dei Piani di Eliminazione delle Barriere Architettoniche da parte del’amministrazione e chiedono che venga loro garantito un giusto diritto, in un’ottica di collaborazione. La complessità del’elaborazione del P.E.B.A. per una città come Torino è notevole e per questo richiede il coinvolgimento di professionalità diverse che vanno dall’edilizia, al suolo e alla viabilità, alla cura della città. Il tempo necessario alla redazione del suddetto piano con una struttura dedicata è di molti mesi/uomo (si cita ad esempio il P.E.B.A. della Città di Genova: l’iter per la redazione del PEBA è iniziato il 28/02/1986 e si è concluso con l’approvazione in Giunta Comunale con il DGC n. 23 del 11/02/2021, impegnando il Comune per 6 anni attraverso un gruppo di lavoro interdisciplinare.
La Città di Torino, non si è ancora dotata di una struttura con il compito specifico di preparare il P.E.B.A.
L’accessibilità degli spazi urbani è un diritto che non riguarda esclusivamente i cittadini portatori di disabilità permanenti (fisiche o sensoriali), ma anche chi ha impedimenti temporanei, le famiglie con passeggini, gli anziani e i turisti portatori di disabilità.
4. Far conoscere l’opportunità delle Comunità Energetiche nelle scuole.
La promozione della nascita di Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) e di Autoconsumo realizza, per quanto attinente agli aspetti energetici e ambientali, alcuni importanti obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU, offrendo la possibilità di contrastare la povertà energetica e di diminuire la dipendenza da fonti fossili, oltre a favorire la partecipazione dei cittadini. In tal senso sviluppare nelle scuole la coscienza e la formazione su queste tematiche innesca meccanismi in grado di diffondere e amplificare la volontà e le possibilità di realizzazione di interventi di produzione di energia rinnovabile. Gli edifici scolastici sono dotati di grandi superfici di copertura che si prestano ad accogliere l’installazione di pannelli fotovoltaici; questo fatto, accoppiato all’orario d’uso e al tipo di utilizzo, alla formazione e sensibilizzazione specifica di insegnanti e allievi, rendono le scuole particolarmente adatte a essere il soggetto promotore della costituzione di una CER insieme ad altri edifici a differente destinazione. Per questo ho chiesto di:
- affrontare la rigenerazione degli edifici scolastici di competenza comunale con un forte coinvolgimento delle comunità in un percorso partecipato e condiviso;
- avviare Comunità energetiche a partire da edifici scolastici e contestualmente procedere all’efficientamento energetico degli stessi edifici, con interventi su: finestre, ricambio aria, tipo e orario di illuminazione, regolazione riscaldamento, isolamento termico, anche utilizzando investimenti connessi alla prevenzione della diffusione del’epidemia Covid;
- intraprendere una campagna di sensibilizzazione e di informazione a partire dalle scuole su questo tema.